venerdì 4 febbraio 2011

Risarcimento danno biologico per infortunio lavorativo: cos'è e chi ne ha diritto.

Ritieniamo opportuno con questo articolo avviare una serie di considerazioni su aspetti giuridici di particolare rilievo legati al mondo della disabilità e non solo. Gli articoli saranno curati dal nostro ufficio legale che ricordiamo è a disposizione del pubblico il sabato mattina dalle ore 9.00 alle ore 12.00.

Il danno biologico.

Il danno biologico è costituito dalla lesione dell'integrità fisica conseguente ad un evento (infortunio lavorativo, incidente stradale, etc.). La lesione può determinare un'invalidità temporanea o generare postumi invalidanti, cioè una menomazione permanente della capacità fisica di un soggetto.
Quando la lesione è determinata da un infortunio sul lavoro, il lavoratore infortunato che presenta un'invalidità permamente ha, come a tutti noto, diritto di essere risarcito da parte dell'Inail, cioè dall'assicurazione obbligatoria.
Qualora tuttavia l'infortunio lavorativo si verifichi per colpa del datore di lavoro, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno biologico c.d. differenziale, il cui onere è posto a carico esclusivo dell'imprenditore, il quale dovrà quindi rispondere o personalmente o a mezzo di specifica copertura assicurativa privata, integrativa quindi di quella pubblica.
Ma cos'è il danno biologico differenziale e quando il datore di lavoro è da considerarsi responsabile dell'infortunio?
In mancanza di una normativa specifica, il calcolo del danno biologico in sede civile è lasciato alla valutazione del Giudice. L'evoluzione giurisprudenziale in argomento ha portato alla compilazione di tabelle di risarcimento del danno fisico stilate da osservatori di studio appositamente costituiti presso i principali Tribunali italiani. Tra queste, godono di particolare credito ed applicazione, per i criteri adottati, la semplicità di lettura e l'equità complessiva di valutazione del danno, le c.d. Tabelle milanesi di risarcimento, redatte dall'osservatorio del Tribunale di Milano ed aggiornate con cadenza biennale.
Ebbene, il danno biologico differenziale è costituito proprio dalla differenza matematica tra il risarcimento del danno fisico offerto dall'Inail (calcolato per ovvii motivi di contenimento dei costi sociali sulla scorta di tabelle di danno e valutazioni economiche ridotte) e quello superiore calcolato secondo le predette Tabelle Milanesi.
L'entità del danno biologico differenziale è considerevole ed è progressivamente crescente in rapporto alla percentuale di invalidità accertata.
Un esempio concreto. Una donna di 39 anni con menomazione accertata al 32% percepisce dall'Inail, sottoforma di rendita annua, un risarcimento del danno pari, in linea capitale, ad euro 70.245. Secondo le Tabelle milanesi, quella stessa percentuale di invalidità comporta un diritto di risarcimento del solo danno fisico di euro 128.768, con un differenziale a carico del datore di lavoro di euro 58.523.
Tale diritto sussiste, come dicevamo, quando è accertata la responsabilità del datore di lavoro che può concretizzarsi per colpa generica, cioè per imperizia, imprudenza o negligenza, o per colpa specifica, cioè per l'inosservanza delle norme di sicurezza dell'ambiente lavorativo, riferito sia ai luoghi, sia al ciclo produttivo.
In questi casi, poichè il datore di lavoro è penalmente responsabile del reato di lesioni o omicidio colposo del lavoratore, la rilevanza penale dell'evento comporta l'applicabilità in sede civile del risarcimento del c.d. danno morale, previsto dall'art.2059 cod.civ., cioè dei patimenti di ordine psicologico legati all'infortunio subito dal lavoratore.
Tale voce di danno è totalmente trascurata dall'Inail, ma è conteggiata in sede civile. Per rimanere all'esempio proposto, le Tabelle Milanesi, in relazione alla percentuale di invalidità indicata, quantificano il danno morale (più correttamente definito danno non patrimoniale diverso dal danno biologico) in un somma corrispondente al 48% del danno biologico, pari quindi ad euro 61.808, da assommare al differenziale biologico. 
Vi invitiamo ad esprimere i vostri commenti, richieste, dubbi etc. che ci saranno utili per operare pubblicazioni sempre più mirate ed utili. 




  

martedì 1 febbraio 2011

LEGGE 183/10: NUOVE DIRETTIVE E REGOLE

 IN CAMPO ASSISTENZIALE: VALUTAZIONI E REVISIONI LEGGE 104/92

Il nuovo collegato lavoro, pubblicato il 09 novembre 2010, visto in particolare l’articolo 24, attiva una miriade di innovazioni sui permessi lavorativi  verso i cittadini dipendenti che assistono i familiari con handicap grave, modificando radicalmente alcune direttive verso le agevolazioni attivate all'ora della Legge 104/92.

Successivamente, due circolari, una dell’INPS e una della Funzione Pubblica, hanno chiarito tali disposizioni. All’ora tali diritti previsti per i cittadini lavoratori pubblici e privati, consisteva nella possibilità di fruire di tre giorni al mese, retribuiti, coperti da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, a condizioni che il disabile non fosse ricoverato.

Ora, le modifiche o le nuove direttive, interessano sempre in modo particolare i cittadini lavoratori che assistono un parente o un affine di terzo grado con grave disabilità, ma tali permessi, dall’INPS verranno al più presto sottoposti al riesame.
Per coloro che in passato, avevano presentato richiesta di assistenza e quindi la possibilità di poter usufruire i tre giorni al mese e gli erano stati negati per mancanza di requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza, ora potranno nuovamente ripresentare richiesta di concessione della Legge 104/92 e sue modifiche.

Per quanto riguarda i parenti e gli affini di terzo grado, essi potranno usufruire delle agevolazioni se i genitori o il coniuge, in situazione di disabilità grave, abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure, siano anch’essi portatori di patologie invalidanti o deceduti.
Le domande avanzate in passato e i permessi già concessi, verranno riesaminati. Quindi, al lavoratore verranno nuovamente  richiesti tutti gli elementi e certificati utili al fine di verificare la sussistenza o meno, mediante le nuove requisite previste dalla Legge 183/2010.

Gli articoli della sopraccitata Legge, ora sottolineano come non possono essere concessi i permessi a più di un cittadino lavoratore per l’assistenza alla stessa persona con disabilità grave.
Proprio l’INPS interpreta tali indicazioni, come un divieto all’alternatività fra più beneficiari, a meno ché essi, non siano i genitori.

In seguito alle nuove direttive della legge 183/10, verranno esaminate le domande e i permessi già concessi a più familiari per l’assistenza al solo soggetto con disabilità grave, anche se, appare sicuramente difficoltoso sostenere il divieto all’alternanza, in giorni diversi, o in mesi diversi.

Certamente l’aspetto più grave che avrà maggiori ricadute operative, sarà l’eliminazione del requisito della continuità ed esclusività dell’assistenza. Quindi, per altri cittadini lavoratori votati all’assistenza del disabile, vi sarà la possibilità di ripresentare la domanda precedentemente rigettata magari solamente per la distanza notevole del familiare da assistere.
Per queste nuove direttive potranno, a nostro avviso, essere rivisti alcuni articoli poco chiari;  e dopo un periodo di prova o assestamento della Legge, come sempre accade, al sorgere di ulteriori problematiche, riesaminata.  


Cosa ne pensi delle nuove direttive sulla Legge 104/92?.  Inviaci un tuo commento.